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Verifiche bancarie: cosa cambia con la nuova sentenza

Verifiche bancarie: cosa cambia con la nuova sentenza
Photo by pictavio – Pixabay
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I professionisti fiscali dovranno vigilare di più: abusi ispettivi vanno contestati in mancanza di motivazioni documentate.

Verifiche bancarie: cosa cambia con la nuova sentenza
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L’ordinanza n. 13761 del 2025 della Corte di Cassazione ha acceso i riflettori su un aspetto cruciale dell’attività di accertamento fiscale: il perimetro entro cui l’Agenzia delle Entrate può spingersi nel verificare i rapporti bancari non direttamente intestati al contribuente. Il provvedimento chiarisce che i conti correnti formalmente intestati a soggetti terzi — come coniugi, figli o soci — possono essere oggetto di indagine, ma solo quando esistono indizi concreti di un utilizzo strumentale da parte del soggetto sottoposto a controllo. In altre parole, non è sufficiente il semplice vincolo familiare o societario per giustificare l’accesso ai dati: serve qualcosa di più tangibile, come movimenti sospetti o elementi oggettivi che facciano supporre una disponibilità effettiva del conto da parte del contribuente.

Intestazione fittizia e verifica dei rapporti bancari: il nodo da sciogliere

Alla base della decisione c’è un’esigenza precisa: impedire che l’intestazione fittizia di conti correnti o patrimoni serva da scudo contro l’azione del Fisco. Si tratta di una prassi insidiosa, usata per aggirare i controlli attraverso una falsa separazione tra il titolare formale del bene e il suo effettivo utilizzatore. La Cassazione interviene dunque per rafforzare l’azione dell’amministrazione finanziaria, ma lo fa richiamando con forza il principio di proporzionalità: ogni accesso deve poggiare su presupposti documentati e verificabili. La semplice esistenza di legami personali o professionali non costituisce, di per sé, un motivo legittimo per allargare il raggio dell’indagine.

Equilibrio tra lotta all’evasione e tutela della riservatezza

Uno degli aspetti più delicati emersi dalla sentenza riguarda il bilanciamento tra interesse pubblico alla corretta riscossione dei tributi e diritto alla privacy dei soggetti coinvolti. L’accesso ai dati bancari, soprattutto quando riguarda soggetti terzi, rappresenta una forma significativa di intrusione, ammissibile solo se giustificata da motivazioni solide. La Corte ha ribadito che controlli “a tappeto” o di natura esplorativa non sono compatibili né con il diritto nazionale né con i principi fissati dalla normativa europea in materia di tutela dei dati personali. L’onere della prova ricade quindi sull’Agenzia delle Entrate, che dovrà dimostrare in modo puntuale la sussistenza degli elementi che rendano legittima l’estensione delle verifiche.

Cosa devono sapere i contribuenti e i professionisti del settore

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Questo nuovo orientamento giurisprudenziale ha implicazioni dirette per contribuenti, ma anche — e forse soprattutto — per i professionisti chiamati a tutelarne gli interessi: avvocati tributaristi, commercialisti, consulenti fiscali. Essi dovranno vigilare con maggiore attenzione sulla legittimità degli atti ispettivi e saper contestare tempestivamente eventuali abusi, soprattutto in assenza di motivazioni specifiche. Al tempo stesso, sarà essenziale promuovere comportamenti trasparenti nella gestione patrimoniale, evitando operazioni che potrebbero essere interpretate come tentativi di occultamento. Il messaggio è chiaro: la linea tra legittima protezione dei propri beni e condotta elusiva è sempre più sottile — e il Fisco la osserva da vicino.