Chi ha una disabilità può prendersi cura di un familiare in difficoltà? La normativa non lo vieta, ma occorre valutare caso per caso le reali condizioni di autonomia.

“Perché voglio che tu sia speciale”, canta Niccolò Fabi in Essere speciale, un brano che ricorda come il prendersi cura dell’altro non sia solo una questione fisica, ma un atto profondo di amore, fiducia e presenza. E se è vero che la cura richiede forza, è altrettanto vero che questa può manifestarsi anche nelle fragilità. Da qui nasce una domanda spesso sottovalutata: una persona con disabilità può essere riconosciuta come caregiver?
In una società dove il caregiving è spesso associato alla piena autosufficienza, si rischia di escludere chi, pur con una disabilità, è in grado di offrire sostegno concreto a un familiare non autosufficiente. La risposta, secondo l’attuale normativa, è sì, a determinate condizioni.
Cosa dice la Legge 104 e l’INPS
La Legge 104/1992 garantisce permessi retribuiti non solo ai caregiver familiari, ma anche agli stessi lavoratori con disabilità grave. In particolare, la circolare INPS n. 53 del 29 aprile 2008 chiarisce che un lavoratore disabile in situazione di gravità può cumulare i benefici previsti per sé con i tre giorni di permesso mensile per assistere un familiare anch’esso in condizioni di disabilità grave.
Questo significa che non è necessario alcun parere medico-legale per attestare la capacità di assistenza del disabile-caregiver: conta solo che la sua condizione di salute non comprometta la possibilità di fornire un aiuto concreto.
Quando una persona disabile può essere riconosciuta come caregiver
In base alle regole attualmente in vigore, nulla vieta a una persona con disabilità di svolgere il ruolo di caregiver, a patto che sia in grado di farlo in modo adeguato. I criteri principali da considerare sono:
- Autonomia funzionale: la persona deve essere almeno parzialmente autosufficiente.
- Assenza di impedimenti medici o assistenziali che compromettano la capacità di cura.
- Compatibilità tra il tipo di disabilità del caregiver e il tipo di assistenza necessaria al familiare.
Ad esempio, una persona con disabilità motoria parziale, che usa una sedia a rotelle ma è autonoma, può essere caregiver di un genitore con Alzheimer. Diverso il caso di una persona con disabilità grave o gravissima, che necessita a sua volta di assistenza costante: in quel caso, la possibilità di essere caregiver è esclusa.
Diritti, limiti e riconoscimento del ruolo

Anche se la legge non vieta espressamente a una persona disabile di essere caregiver, per accedere a permessi retribuiti, detrazioni fiscali o altre agevolazioni, è necessario che il soggetto non sia totalmente dipendente da altri.
La figura del caregiver, ancora oggi non pienamente riconosciuta dal punto di vista normativo, implica un’assistenza continuativa, gratuita e spesso quotidiana. La persona che assume questo ruolo, pur con una disabilità, deve quindi dimostrare di essere in grado di svolgere le attività essenziali di supporto, anche con l’ausilio di strumenti, dispositivi o aiuti esterni.
Nel concreto, ogni caso è valutato sulla base della situazione clinica e familiare, nonché delle dichiarazioni fornite in sede di richiesta di benefici. Un principio guida resta comunque fermo: essere caregiver non richiede perfezione, ma dedizione, come suggerisce anche il testo di Fabi. E in questo, chi ha affrontato in prima persona la vulnerabilità, può offrire un sostegno autentico e profondo.