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Tasse troppo alte, salari troppo bassi: perché lo Stato dovrebbe 1.000 euro a tutti

Tasse troppo alte, salari troppo bassi: perché lo Stato dovrebbe 1.000 euro a tutti
Photo by jackmac34 – Pixabay
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Tra inflazione, scaglioni fiscali e potere d’acquisto in calo, emerge un credito non riconosciuto ai contribuenti.

Tasse troppo alte, salari troppo bassi: perché lo Stato dovrebbe 1.000 euro a tutti
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Ogni campagna elettorale porta a galla promesse, carenze e proposte politiche. In vista delle elezioni regionali, torna al centro il dibattito su sanità, salario minimo e infrastrutture. Ma stavolta, a infiammare la discussione è la pressione fiscale su pensioni e salari. A sollevare la questione è stato il leader della CGIL Maurizio Landini, in un’intervista a la Repubblica, in cui ha dichiarato che lo Stato dovrebbe restituire circa 1.000 euro a ogni lavoratore e pensionato per il triennio 2022-2024. Una dichiarazione che riapre il confronto sulla giustizia fiscale e sulla tenuta dell’attuale sistema IRPEF.

Il paradosso del drenaggio fiscale

Landini punta il dito contro un meccanismo silenzioso ma incisivo: il drenaggio fiscale. Quando stipendi e pensioni crescono solo nominalmente, senza tenere conto dell’inflazione, i contribuenti finiscono per salire di scaglione IRPEF, pagando più tasse pur non avendo maggior potere d’acquisto. Così, chi guadagna oggi 30.000 euro versa più imposte rispetto a tre anni fa, ma con meno margine di spesa. Un’anomalia che ha generato, secondo il sindacato, un credito virtuale di 1.000 euro a testa per milioni di cittadini.

IRPEF, 24 miliardi in più tra 2022 e 2024

Il cuore della denuncia sta nei numeri. Secondo le stime CGIL, tra il 2022 e il 2024 i contribuenti hanno versato 24 miliardi di euro in più a causa del mancato adeguamento delle aliquote e degli scaglioni IRPEF all’inflazione. In un sistema a tassazione progressiva, questa rigidità comporta una penalizzazione crescente per i redditi medi, che vedono eroso il proprio potere di acquisto senza un reale miglioramento economico. Per Landini, il governo deve riconoscere questo squilibrio e agire di conseguenza.

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Le mosse del governo: taglio IRPEF in vista

Nel frattempo, l’esecutivo prepara le novità fiscali da inserire nella prossima legge di Bilancio. Tra le misure attese c’è il taglio del secondo scaglione IRPEF, che potrebbe scendere dal 35% al 33%, con un’estensione della fascia di reddito fino a 60.000 euro. Si tratterebbe di un intervento pensato per alleggerire la pressione sul ceto medio, ma distante dalla visione proposta dalla CGIL. Le trattative sono ancora in corso, e il tema fiscale promette di restare centrale nei prossimi mesi, con sviluppi attesi già entro la fine dell’anno.