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Sistema misto pensionistico: vantaggi e rischi da evitare

Sistema misto pensionistico: vantaggi e rischi da evitare
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Chi ha almeno 18 anni di contributi al 1995 gode ancora del retributivo fino al 2011: un’opportunità da gestire con attenzione.

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Il panorama previdenziale italiano è stato completamente ridefinito a partire dal 1996, quando è entrato in vigore il sistema contributivo con la riforma Dini. Prima di questa svolta, l’importo della pensione si basava sul metodo retributivo: si prendeva in considerazione una percentuale delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di lavoro, premiando così chi raggiungeva picchi salariali nella fase finale della carriera. Tuttavia, questo approccio aveva anche un effetto collaterale: incentivava pratiche poco trasparenti, come promozioni di comodo, con lo scopo di gonfiare artificialmente l’assegno pensionistico.

Il sistema contributivo: un modello più sostenibile

Il metodo oggi predominante si basa sul principio dei contributi versati. Ogni lavoratore accumula un montante contributivo che viene aggiornato annualmente tenendo conto dell’inflazione. Al momento del pensionamento, questo montante viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione, legato all’età: chi sceglie di andare in pensione più tardi, ottiene un moltiplicatore più vantaggioso. In questo modo, il sistema favorisce una maggiore equità e scoraggia comportamenti opportunistici, premiando chi versa di più e più a lungo.

Il sistema misto: una via intermedia con margini di manovra

Non tutti rientrano pienamente in uno dei due modelli. Chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 ma ha proseguito la propria carriera oltre quella data, si trova nel cosiddetto sistema misto. In questo caso, i contributi versati fino al 31 dicembre 1995 vengono calcolati con il metodo retributivo, mentre quelli successivi seguono il modello contributivo. C’è un’ulteriore distinzione: chi può vantare almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 continua a beneficiare del calcolo retributivo fino al 2011. Una condizione che offre un certo vantaggio e che richiede attenzione nella gestione degli ultimi anni di attività.

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Come influenzare l’importo della pensione negli ultimi anni di carriera

Con il prevalere del sistema contributivo, lo stipendio resta comunque un elemento fondamentale: i contributi previdenziali rappresentano infatti una percentuale diretta del salario. Nel Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (FPLD), ad esempio, l’aliquota è pari al 33% della retribuzione. In questo contesto, chi rientra nel sistema misto dovrebbe evitare di ridurre le proprie entrate negli ultimi anni — attraverso scelte come il part-time o la NASpI — per non penalizzare la quota retributiva. Anche per chi è interamente nel sistema contributivo, ogni euro in più versato può tradursi in un assegno più alto.

Sapere come muoversi, soprattutto a ridosso della pensione, può fare la differenza.