Dal 2027 è previsto un aumento legato alla speranza di vita, ma il governo ha annunciato il blocco temporaneo dell’adeguamento automatico.

Il punto di partenza per ogni riflessione sulle pensioni è semplice solo in apparenza: quanti anni bisogna lavorare per smettere di lavorare? Se da un lato l’età anagrafica è un parametro molto discusso, dall’altro è solo una parte del quadro. Il vero nodo resta la carriera contributiva: senza un minimo di versamenti, non si accede alla pensione. Oggi, l’età pensionabile è fissata a 67 anni, ma il dibattito resta aperto. Dal 2027, potrebbe scattare un aumento di tre mesi, sulla base dell’aspettativa di vita ISTAT. Tuttavia, il governo ha già annunciato l’intenzione di congelare questi adeguamenti. In ogni caso, età e contributi viaggiano insieme, ma le regole cambiano in base alla misura a cui si accede.
Pensione di vecchiaia: i 67 anni non bastano sempre
Il requisito più noto per accedere alla pensione di vecchiaia è l’accoppiata “67 anni + 20 anni di contributi”. Ma non per tutti vale questa regola. Chi ha iniziato a versare i contributi dopo il 1996 deve anche superare un’ulteriore soglia: l’importo della pensione maturata deve essere almeno pari all’Assegno Sociale dell’anno in cui si esce dal lavoro. In assenza di questa condizione, anche chi ha raggiunto l’età e i contributi rischia di dover aspettare. Si tratta di una soglia economica pensata per garantire la sostenibilità della prestazione.
Misure anticipate e requisiti variabili
Non tutte le pensioni richiedono di attendere i 67 anni. Con 64 anni e 20 anni di contributi, ad esempio, si può accedere alla pensione anticipata contributiva, ma a patto che l’importo mensile raggiunga almeno tre volte l’Assegno Sociale per uomini e donne senza figli. La soglia scende leggermente per le donne con figli: 2,8 volte con un figlio, 2,6 volte con due o più. E poi ci sono le situazioni legate all’invalidità: per chi ha una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore all’80%, l’età pensionabile scende a 61 anni per gli uomini e 56 per le donne. Ma attenzione: qui si parla di invalidità pensionabile, diversa da quella civile.

Percorsi più lunghi e requisiti specifici
Alcune misure richiedono carriere molto lunghe e condizioni precise. L’Ape Sociale, per esempio, prevede almeno 30 anni di contributi per disoccupati, caregiver e invalidi con almeno 63 anni e 5 mesi di età, mentre ne servono 36 per chi svolge lavori gravosi. L’Opzione Donna richiede 35 anni di contributi e un’età variabile tra 59 e 61 anni, in base ai figli. Per i lavori usuranti, lo scivolo anticipato si raggiunge con 35 anni di versamenti, 61 anni e 7 mesi d’età e la famosa “quota 97,6”. Esistono poi misure senza limiti anagrafici, come la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 per le donne) o la Quota 41 per lavoratori precoci. Infine, la Quota 103 unisce almeno 62 anni d’età e 41 anni di contributi.