Dal 2026 il sistema pensionistico italiano subirà un progressivo riassetto: aumenti minimi per gli assegni più bassi, innalzamento graduale dei requisiti anagrafici e contributivi e nuove tensioni sulle categorie escluse dalle agevolazioni per i lavori usuranti.

Nel 2026 le pensioni minime cresceranno di 20 euro al mese, ovvero 260 euro l’anno, a favore di chi si trova in condizioni economiche disagiate. Secondo la bozza della legge di bilancio, l’attuale trattamento minimo di 603,4 euro sarà rivalutato anche tenendo conto dell’inflazione (stimata all’1,7%), portando l’assegno a circa 623 euro mensili per i beneficiari del contributo integrativo.
Si tratta, in realtà, di un incremento effettivo di appena sei euro al mese rispetto alla cifra attuale di 616,7 euro già percepita da chi ha diritto al sostegno aggiuntivo. Le risorse stanziate dal governo per coprire l’intero pacchetto pensioni ammontano a 460 milioni nel 2026, con una crescita prevista fino a 1,8 miliardi nel 2027 e 1,2 miliardi nel 2028.
Età pensionabile, arriva il mini-scalino: chi è escluso e chi no
Dal 2027 scatterà l’aumento graduale dei requisiti per la pensione di vecchiaia, legato all’aspettativa di vita. L’uscita dal lavoro, oggi fissata a 67 anni, sarà posticipata di un mese nel 2027 e di altri due mesi nel 2028. Un’ulteriore estensione di due mesi è prevista anche per il 2029. La stessa progressione interesserà la pensione anticipata, che nel 2027 richiederà 42 anni e 11 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 11 mesi per le donne. Nel 2028 si salirà a 43 anni e 1 mese per gli uomini e a 42 anni e 1 mese per le donne.
L’unica categoria esente da questi aumenti sarà quella dei lavoratori impegnati in attività gravose e usuranti, per i quali il requisito resterà fermo ai valori attuali. Tutti gli altri dovranno fare i conti con l’adeguamento progressivo, che impatterà anche sulle prestazioni previdenziali collegate.
Lavori usuranti: chi resta protetto, chi è fuori (e protesta)
L’elenco dei lavori considerati usuranti è lungo e comprende figure come vigili del fuoco, agenti di polizia, piloti, metalmeccanici, ma anche maestri d’asilo, infermieri, operatori ecologici, carpentieri e saldatori. Rientrano tra i “salvati” anche tassisti, autisti di tram e autobus, fisioterapisti e pittori. Non mancano però le polemiche: categorie come quella dei vigili urbani sono rimaste escluse, nonostante le mansioni spesso complesse e a rischio.
Il sindacato di polizia locale Siulp ha annunciato una mobilitazione il 28 ottobre a Roma per chiedere il riconoscimento del lavoro gravoso anche per questa categoria. Anche l’Anief, l’associazione degli insegnanti, chiede di estendere la tutela al personale scolastico non docente e ai docenti delle scuole secondarie, mentre restano già tutelati gli insegnanti della primaria e dell’infanzia.

Le proroghe in vista: Ape sociale, Opzione donna e Quota 103
Accanto agli adeguamenti dei requisiti, il governo ha previsto la proroga di alcune misure di pensionamento anticipato. Quota 103 – formula che consente l’uscita con 62 anni d’età e 41 anni di contributi – resterà attiva, pur con condizioni restrittive: l’importo dell’assegno sarà calcolato col metodo contributivo e non potrà superare quattro volte il minimo Inps fino ai 67 anni. Inoltre, chi accede a questa misura non potrà percepire redditi da lavoro, fatta eccezione per attività autonome occasionali fino a 5mila euro lordi all’anno.
Confermata anche l’Ape sociale, destinata a disoccupati di lungo corso, invalidi, caregiver o addetti ad attività gravose, che potranno lasciare il lavoro a 63 anni e 5 mesi con almeno 30 anni di contributi. Le risorse dedicate a questa misura sono state incrementate progressivamente fino al 2031.
Infine, dovrebbe essere prorogata anche Opzione donna, riservata a chi maturerà i requisiti entro fine 2025: 61 anni di età e 35 anni di contributi effettivi, escludendo periodi di malattia, infortunio o disoccupazione. Anche questa opzione, però, resta limitata a una platea molto ristretta.

