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Pensioni anticipate 2025: costi e riduzioni chiave

Pensioni anticipate 2025: costi e riduzioni chiave
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Scopri le riduzioni economiche e i criteri per andare in pensione anticipata dal 2025 con le diverse opzioni come quota 103 e quota 41.

Pensioni anticipate 2025: costi e riduzioni chiave
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Andare in pensione in anticipo ha, inevitabilmente, un prezzo da pagare. Non stiamo parlando di acquistare contributi o riscattare anni di lavoro con compensi elevati. La vera questione è il costo implicito che si affronta anticipando la pensione di diversi anni. Le formule previdenziali che consentono il ritiro precoce spesso includono tagli all’assegno come pegni da pagare. Inoltre, i calcoli della prestazione pensionistica risultano in riduzioni che, volente o nolente, i lavoratori devono accettare. Esaminiamo quindi quali sono le implicazioni economiche per chi sceglie di andare in pensione a 62, 63 o 64 anni nel 2025.

Il nodo delle pensioni a 62 anni: la quota 103 conviene?

A partire dal 2025, chi decide di andare in pensione all’età di 62 anni con la cosiddetta quota 103 si troverà a fronteggiare decurtazioni significative dell’assegno. Questo perché il metodo di calcolo di questa quota non è favorevole, specialmente per coloro che hanno già accumulato 18 anni di contributi prima del 1º gennaio 1996. La quota 103 richiede infatti 41 anni di contributi versati per poter essere sfruttata. Immaginate di essere già nel 1995 con 18 anni di versamenti alle spalle: il sistema risulta penalizzante.

Perché? Semplice: la quota 103 segue un calcolo contributivo totale. Coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 e hanno già 18 anni di contributi prima della fine del 1995, avrebbero altrimenti diritto a una valutazione retributiva fino al 31 dicembre 2011. La differenza tra i due metodi è significativa. Mentre il calcolo retributivo tiene conto delle ultime 5 annualità di stipendio, il contributivo si basa solo sui contributi versati. Accettando il calcolo contributivo, si rischia di perdere fino al 35% della pensione potenziale.

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Pensione con quota 41: la scelta dei precoci

La pensione a quota 41 rappresenta un’opportunità senza vincoli di età, destinata a coloro che hanno accumulato 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. Tuttavia, non è priva di restrizioni. Riservata a caregiver, invalidi, disoccupati e lavoratori gravosi, questa misura non subisce il ricalcolo contributivo come accade per la quota 103 e non è limitata dal tetto massimo di 4 volte il trattamento minimo INPS.

Ma scegliere di andare in pensione anticipatamente anche con la quota 41 comporta alcune conseguenze. Ad esempio, chiunque potrebbe raggiungere i 42 anni e 10 mesi di versamenti necessari per la pensione anticipata ordinaria mentre, con la quota 41, la carriera contributiva si ferma prima. Ogni mese di contributo in meno ha un peso, soprattutto perché il coefficiente di trasformazione del montante contributivo diminuisce all’abbassarsi dell’età pensionabile. Prendiamo come esempio il coefficiente che varia dal 5,088% a 64 anni al 4,936% a 63 anni, notevolmente inferiore rispetto al 5,608% previsto per i 67 anni.

Limitazioni temporanee e misure alternativamente restrittive

Tutte le forme di pensionamento anticipato implicano un certo grado di riduzione dell’assegno. Tra montanti contributivi penalizzati dai coefficienti applicati in giovane età e contributi inferiori accumulati, qualcosa si sacrifica sempre. La quota 103, ad esempio, assomiglia a Opzione Donna, un’altra opzione pensionistica caratterizzata da un calcolo completamente contributivo.

Fortunatamente, le limitazioni intrinseche a alcune misure tendono ad essere temporanee. Un esempio calzante è l’Ape Sociale, una misura che impone diverse limitazioni, tra cui un tetto massimo di 1.500 euro al mese e l’assenza di tredicesima. Questi vincoli restano in vigore fino al compimento dei 67 anni, età in cui l’Ape Sociale scade in favore della pensione di vecchiaia ordinaria.