Dal 2026 cambiano le regole per andare in pensione: si parla di superamento della legge Fornero, ma non per tutti. Le novità in arrivo promettono maggiore flessibilità, ma restano condizioni precise da rispettare.

Si fa un gran parlare del 2026 come l’anno in cui la riforma Fornero potrebbe essere archiviata. In effetti, alcuni lavoratori potrebbero accedere al pensionamento anticipato grazie a misure attualmente in fase di definizione. Tuttavia, parlare di “fine” è forse prematuro: le norme introdotte dalla riforma del 2011 non spariranno del tutto, ma continueranno a rappresentare il quadro normativo di base per molti contribuenti. Per accedere alla pensione di vecchiaia resteranno richiesti 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi. Invariati anche i requisiti per la pensione anticipata: 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, un anno in meno per le donne.
Quota 89 e quota 41: cosa cambierebbe
Tra le novità più discusse c’è l’introduzione della cosiddetta Quota 89, che consentirebbe il pensionamento a 64 anni d’età, indipendentemente dalla categoria lavorativa. Una possibilità che, se approvata, aprirebbe le porte a una platea molto più ampia rispetto alle regole attuali. Allo stesso modo, si ipotizza il passaggio dalla Quota 103 a una Quota 41 estesa a tutti, che permetterebbe l’uscita dal lavoro con 41 anni di contributi e almeno 62 anni di età. Il compromesso? Un taglio lineare del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai requisiti pieni, decisamente meno penalizzante rispetto al ricalcolo contributivo integrale attualmente previsto.

Pensionamento anticipato più accessibile (ma non per tutti)
Con solo due modifiche chiave inserite nella prossima Legge di Bilancio, molti contribuenti potrebbero ottenere l’uscita anticipata già nel 2026. Le nuove formule si rivolgono in particolare a chi ha carriere contributive lunghe ma non ancora sufficienti per accedere ai canali ordinari. La Quota 41 flessibile, ad esempio, consentirebbe il ritiro con quasi due anni di anticipo, con una penalizzazione che varia in base all’età di uscita: dal 2% a 66 anni fino al 10% massimo a 62 anni. Un’opzione che, grazie alla sua sostenibilità, risulta più appetibile rispetto alle attuali alternative, spesso scoraggianti per via dei tagli elevati.
Pensione a 64 anni: le nuove condizioni
L’altra novità di rilievo riguarda l’estensione della pensione anticipata a 64 anni anche a chi ha iniziato a versare contributi prima del 1996. Finora riservata ai soli contributivi puri, la misura diventerebbe così più inclusiva. Tuttavia, anche in questo caso, esistono dei paletti. Il primo riguarda il requisito contributivo: almeno 25 anni di versamenti. Il secondo è legato all’importo dell’assegno, che dovrà essere pari ad almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale (circa 1.620 euro mensili). Chi non raggiunge questa soglia potrà integrare con una rendita da fondo pensione oppure convertire il TFR in una pensione mensile, rinunciando alla liquidazione in un’unica soluzione.