La Legge di Bilancio anticipa gli adeguamenti automatici: primo scatto nel 2027, piena applicazione dal 2028. E per i contributivi puri si superano i 71 anni.

Il governo ha scelto di procedere con cautela su un terreno particolarmente delicato: l’innalzamento dell’età pensionabile, una delle misure più impopolari tra i cittadini. Non potendo evitare gli adeguamenti previsti dalla normativa, l’esecutivo ha deciso di diluire l’impatto in due fasi: un primo aumento nel 2027 e l’applicazione completa dal 2028.
In termini concreti, questo significa che l’uscita dal lavoro sarà già più lontana a partire dal 2027, seppur di poco. Il provvedimento coinvolge non solo l’età pensionabile attualmente fissata a 67 anni, ma anche altri requisiti contributivi e pensioni anticipate. Il tutto in applicazione della normativa legata alla speranza di vita rilevata dall’Istat.
Scattano i nuovi requisiti: fino a 71 anni e 3 mesi
Secondo la bozza della Legge di Bilancio in circolazione, dal 1° gennaio 2027 l’età pensionabile salirà da 67 anni a 67 anni e un mese, per poi toccare i 67 anni e 3 mesi nel 2028. Si tratta di un incremento di tre mesi complessivi, previsto dall’automatismo introdotto con la riforma Fornero, che lega ogni biennio i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita.
La soglia dei 67 anni, dunque, non resterà invariata come auspicato da alcune forze politiche. Nonostante le promesse di congelare l’aumento, il governo ha dovuto riconoscere l’impossibilità di intervenire su un meccanismo già in vigore da anni. Il risultato è che dal 2028 l’età per la pensione sarà formalmente più alta e la platea dei lavoratori coinvolti si allargherà.

Anche le pensioni anticipate subiranno ritocchi
Non cambia solo l’età anagrafica. A partire dal 2027 aumenteranno anche gli anni di contribuzione richiesti per accedere alla pensione anticipata. Oggi servono 42 anni e 10 mesi per gli uomini (e un anno in meno per le donne). Dal 2027 saranno necessari 42 anni e 11 mesi, mentre dal 2028 il requisito salirà a 43 anni e un mese.
Queste modifiche interessano anche chi, pur non avendo raggiunto l’età pensionabile, sperava in un’uscita anticipata grazie agli anni di contributi. In pratica, per ottenere il trattamento pensionistico servirà un’anzianità contributiva sempre più elevata, con un impatto diretto su chi ha iniziato a lavorare presto ma non ha ancora raggiunto la soglia.
Contributivi puri: pensione oltre i 71 anni
Tra i più penalizzati dalla nuova impostazione ci sono i cosiddetti contributivi puri, ovvero chi ha versato i primi contributi dopo il 31 dicembre 1995 e non può accedere alle formule più tradizionali. Per questi lavoratori, la pensione di vecchiaia contributiva richiede oggi almeno 5 anni di versamenti e 71 anni di età. Ma anche qui l’aspettativa di vita farà sentire il suo peso.
Dal 2027 serviranno 71 anni e un mese, e nel 2028 si arriverà a 71 anni e 3 mesi. Una soglia che rende ancora più ardua l’uscita dal mondo del lavoro per chi ha carriere discontinue o ha iniziato tardi a versare. Questa pensione, spesso considerata una sorta di ultima ancora per chi non ha raggiunto gli altri requisiti, diventerà più lontana e meno accessibile, lasciando molti lavoratori in una posizione di maggiore incertezza.

