Secondo il XXIV Rapporto INPS, i lavoratori italiani vanno in pensione sempre più tardi: colpa delle nuove soglie d’accesso e degli incentivi a restare in attività.

Nel 2024, l’età media effettiva di pensionamento in Italia ha raggiunto i 64 anni e 8 mesi, segnando un netto aumento rispetto ai 62,4 anni del 2023. A rivelarlo è il XXIV Rapporto annuale dell’INPS, presentato alla Camera dal presidente Gabriele Fava. Nonostante i dati si riferiscano a periodi precedenti al 2025, il trend è chiaro: i lavoratori e le lavoratrici rimangono più a lungo nel mondo del lavoro.
Questo innalzamento riguarda soprattutto le donne, che in media hanno lasciato il lavoro un anno e cinque mesi più tardi rispetto agli uomini. Le cause? Un mix di vincoli normativi e nuovi incentivi economici per chi sceglie di rimandare la pensione.
Anticipo o vecchiaia: le vie per lasciare il lavoro
In Italia, l’uscita dal lavoro può avvenire secondo diverse modalità. Tra le principali misure oggi in vigore troviamo Quota 103, introdotta nel 2023, che consente il pensionamento con 62 anni d’età e 41 anni di contributi, ma solo a chi maturi i requisiti entro il 31 dicembre 2023. Il governo sta valutando una possibile proroga.
C’è poi la pensione anticipata ordinaria, che non prevede limiti anagrafici ma richiede una lunga carriera: 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Completano il quadro le misure Opzione donna, Ape sociale e pensione per lavoratori precoci.
La pensione di vecchiaia, invece, scatta a 67 anni d’età con almeno 20 anni di contributi. Anche questo traguardo potrebbe slittare più in là: dal 2027 si prevede un possibile aumento dell’età pensionabile, che il governo sta cercando di contenere.
Bonus Giorgetti: l’incentivo a restare

Per chi nel 2025 maturerà i requisiti per Quota 103 o per la pensione anticipata ordinaria, c’è una nuova opzione: il bonus Giorgetti (ex bonus Maroni).
Chi sceglie di continuare a lavorare, potrà beneficiare di una busta paga più alta, poiché non gli verranno trattenuti i contributi previdenziali IVS a carico del lavoratore. Questo aumento è esente da tasse, ma va valutato con attenzione: meno contributi versati oggi si traducono in un assegno pensionistico più basso domani.
La novità del 2025 è che il bonus non è più limitato a chi aderisce a Quota 103, ma si estende anche a chi sceglie l’anticipata ordinaria, ampliando così il numero di lavoratori che possono beneficiarne.
Perché si va in pensione più tardi
Il rapporto INPS segnala due motivi principali dietro l’aumento dell’età media di pensionamento.
Il primo riguarda le restrizioni introdotte alle forme di pensione anticipata. Dopo la fine di Quota 100 (62 anni e 38 di contributi), sono arrivati Quota 102 (64 anni e 38 contributi) e infine Quota 103, con l’asticella fissata a 62 anni ma con ben 41 anni di contributi.
Il secondo motivo è l’effetto del bonus Giorgetti, che sta convincendo molti a posticipare l’uscita dal lavoro in cambio di un aumento in busta paga. Un meccanismo che,