Soglie ridotte e sconti sull’età: le donne con figli godono di agevolazioni specifiche per l’uscita anticipata dal lavoro.

La riforma Dini, entrata in vigore il 1° gennaio 1996, ha segnato una svolta storica: da allora, chi ha cominciato a versare i contributi previdenziali entra di diritto nel sistema contributivo. Questo significa addio al calcolo retributivo e nuove regole di accesso alla pensione.
I contributivi puri – coloro che non hanno versato nulla prima del 1996 – si muovono in uno scenario diverso rispetto a chi ha iniziato a lavorare prima. Per loro valgono criteri più flessibili in alcuni casi, ma anche vincoli precisi, soprattutto in termini di importo minimo e requisiti anagrafici.
Pensione a 71 anni: la certezza per i contributivi puri
C’è una via sicura alla pensione, anche per chi ha versato solo cinque anni di contributi. La legge lo prevede per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995: è la pensione di vecchiaia contributiva.
A differenza di chi ha versato prima del 1996 – che senza 20 anni di contributi non può accedere alla pensione nemmeno a 67 anni – i contributivi puri possono andare in pensione a 71 anni con appena cinque anni di versamenti.
Un’opzione preziosa in un contesto in cui le certezze previdenziali vacillano. Le vecchie deroghe, come quella Amato, sono oggi inapplicabili per la maggior parte dei lavoratori.
Uscita anticipata a 64 anni: si può, ma solo con un requisito chiave
Un altro spiraglio si apre a 64 anni. Anche questa possibilità è riservata esclusivamente ai contributivi puri. Basta aver versato almeno 20 anni di contributi. Tuttavia, la legge impone un vincolo ben preciso: l’importo mensile della pensione deve essere almeno pari a tre volte l’assegno sociale.
Nel 2025, con un assegno sociale di 538,69 euro, la soglia richiesta si attesta a 1.616,07 euro al mese. Una barriera che limita l’accesso, ma che resta comunque un’opportunità concreta per chi ha maturato una carriera contributiva coerente.

Madri lavoratrici: bonus e sconti per chi ha figli
Per le donne, in particolare per le madri, il sistema prevede agevolazioni mirate. Se si hanno figli, l’importo minimo richiesto per la pensione a 64 anni si abbassa. Con due o più figli, la soglia scende a 1.400,60 euro (2,6 volte l’assegno sociale); con un solo figlio, si attesta a 1.508,33 euro (2,8 volte l’assegno).
Ma non è tutto. Le madri possono scegliere tra due vantaggi alternativi:
- Un calcolo più favorevole dell’assegno, applicando un coefficiente più alto:
- con uno o due figli si usa il coefficiente dei 65 anni;
- con tre o più figli quello dei 66 anni.
- Oppure uno sconto sull’età di accesso: ogni figlio consente un anticipo di quattro mesi. Con quattro figli, ad esempio, si può andare in pensione a 62 anni e 8 mesi.
Un sistema che, almeno in questi casi, riconosce concretamente il peso del lavoro familiare nella vita lavorativa.