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Pensione anticipata: i vantaggi di restare un anno in più

Pensione anticipata: i vantaggi di restare un anno in più
Photo by blickpixel – Pixabay
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Grazie allo sgravio del 9,19% e ai nuovi contributi, aumentano stipendio e pensione per chi lavora fino al compimento dei 67 anni.

Pensione anticipata: i vantaggi di restare un anno in più
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Non tutti, una volta maturati i requisiti per la pensione, scelgono subito il riposo. È il caso di Piero, un lettore che ad agosto compie 66 anni e a settembre completa 43 anni e un mese di contributi, raggiungendo così il traguardo della pensione anticipata. Eppure, anziché uscire subito, Piero sta valutando di restare un altro anno al lavoro. La sua domanda è semplice: “Ne vale la pena?”

Oggi, con alcune agevolazioni attive per chi rinvia la pensione, la risposta tende a essere positiva. Il rinvio può trasformarsi in un’opportunità, soprattutto per chi è vicino alla pensione di vecchiaia e ha già maturato il diritto con formule come la Quota 103 o l’anticipata ordinaria.

Rimanere al lavoro: una scelta, non un obbligo

Per molti, l’idea di continuare a lavorare anche dopo aver raggiunto i requisiti pensionistici può sembrare assurda, specialmente in un contesto in cui tanti faticano ad andarci, in pensione. Ma chi può scegliere se fermarsi o proseguire ha un vantaggio non da poco: libertà di decisione e, potenzialmente, un guadagno.

Restare un anno in più non significa solo un ulteriore stipendio, ma anche un beneficio economico complessivo. Il tempo che separa Piero dai 67 anni è ridotto, e posticipare la pensione in questa fase della carriera può tradursi in vantaggi tangibili: uno stipendio più alto grazie allo sgravio contributivo, contributi in più per la pensione e un coefficiente di trasformazione più favorevole.

Il bonus contributivo che premia chi resta al lavoro

Chi rinuncia momentaneamente alla pensione anticipata può chiedere all’INPS lo sgravio contributivo, che prevede la restituzione in busta paga della quota a carico del lavoratore, pari al 9,19% dello stipendio lordo. In pratica, per ogni mese di lavoro posticipato, quella parte resta in tasca al dipendente, aumentando l’importo netto percepito.

Il datore di lavoro, invece, continua a versare la propria parte (circa il 23,01%), incrementando il montante contributivo del dipendente. Questo si traduce in una pensione futura più alta, poiché anche i 12 mesi extra vengono conteggiati.

Pensione più alta: il peso del coefficiente di trasformazione

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L’ulteriore vantaggio riguarda il coefficiente di trasformazione, che incide sull’importo della pensione. Più si è vicini ai 67 anni, più il coefficiente migliora. A 66 anni è del 5,423%, ma salta al 5,608% al compimento dei 67. Questo parametro, utilizzato per trasformare il montante contributivo in pensione annua, può fare la differenza, soprattutto per chi ha contributi interamente nel sistema contributivo o misto.

Nel caso di Piero, i vantaggi sono triplici:

  • Uno stipendio netto mensile aumentato grazie allo sgravio del 9,19%;
  • Un anno di contributi in più, versati dal datore di lavoro;
  • Un coefficiente di calcolo pensionistico più favorevole, che migliora l’importo della pensione a partire dai 67 anni.