Durigon suggerisce di trasformare il TFR in una rendita mensile per superare la soglia minima richiesta dalla pensione contributiva.

Per molti lavoratori italiani, il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) – o Trattamento di Fine Servizio (TFS) per i dipendenti pubblici – è stato a lungo considerato una sorta di “tesoretto” da riscuotere al termine della carriera. Un accantonamento pari a circa una mensilità per ogni anno di lavoro, spesso utilizzato per sostenere i figli, acquistare una seconda casa o semplicemente affrontare con maggiore serenità l’ingresso nella pensione. In passato, chi rimaneva fedele alla stessa azienda fino alla pensione, poteva contare su un’importante somma da utilizzare come meglio credeva.
La proposta: usare il TFR per anticipare la pensione
Oggi, però, si affaccia una nuova prospettiva: impiegare il TFR per lasciare il lavoro in anticipo. Un’ipotesi avanzata durante un evento di Affari&Finanza dedicato alla previdenza, al quale hanno partecipato figure chiave come il presidente dell’INPS Gabriele Fava e il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon. L’idea parte da un meccanismo già noto: il TFR, infatti, viene mensilmente accantonato e versato all’INPS, a meno che il dipendente non scelga di destinarlo a un fondo pensione integrativo. Da qui, la riflessione: perché non utilizzare quelle somme per rafforzare la previdenza e permettere un’uscita anticipata dal lavoro?
Fondi pensione e il meccanismo del silenzio-assenso
Il legame tra TFR e previdenza integrativa non è nuovo. Da tempo, esiste la possibilità di convogliare una parte del TFR in fondi pensione, con una formula ormai consolidata: il “silenzio-assenso”. Se il lavoratore non si pronuncia entro sei mesi dall’assunzione, una quota del suo TFR viene automaticamente trasferita a una forma di previdenza complementare. Questo sistema, sebbene poco conosciuto o sottovalutato da molti, è pensato per incentivare una pensione più solida nel lungo periodo. Ma ora si pensa a un utilizzo ancora più strategico di quel capitale.

Una rendita per accompagnare l’uscita dal lavoro
Claudio Durigon rilancia con una proposta concreta: utilizzare il TFR come fonte di rendita aggiuntiva per accedere alla pensione anticipata contributiva. Una misura riservata a chi ha maturato contributi sufficienti ma non raggiunge ancora l’età per la pensione di vecchiaia. L’obiettivo è superare la soglia minima richiesta, oggi pari a tre volte l’assegno sociale (circa 1.616 euro mensili), trasformando il TFR in un’integrazione alla pensione. Ma perché non andare oltre? Si potrebbe pensare a un sistema che consenta anche a chi è vicino ai 63 anni – ma non ancora idoneo per altre forme di pensionamento – di utilizzare il TFR come ponte verso la pensione. Un’ipotesi che richiederebbe un impianto normativo specifico, ma che potrebbe rappresentare una risposta concreta alla crescente distanza tra lavoro e pensione.