Forza Italia si oppone per ragioni costituzionali, mentre Lega e opposizione spingono per redistribuire le risorse verso famiglie e imprese.

Le banche italiane tornano al centro dell’attenzione a Piazza Affari, ma questa volta non per operazioni di fusione o acquisizione. L’indice FTSE Italia All Share Banks registra un calo, scosso dalle indiscrezioni su una possibile nuova imposta allo studio del governo. La misura, ancora in fase embrionale, avrebbe lo scopo di colpire i cosiddetti extraprofitti accumulati dagli istituti in un periodo di tassi in crescita. Un comparto che da inizio anno ha messo a segno una performance media del +55% potrebbe trovarsi ora a fare i conti con un clima ben meno favorevole.
Il ritorno della tassa sugli extraprofitti
L’ipotesi non è nuova. Da tempo, all’interno della maggioranza si discute sull’opportunità di chiedere uno “sforzo aggiuntivo” alle banche. Nel solo 2024, i profitti del settore hanno sfiorato i 46 miliardi di euro, alimentando il dibattito su un riequilibrio fiscale. La Lega ha rilanciato l’idea di usare il possibile gettito extra per finanziare misure come una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali e l’estensione della flat tax alle partite IVA fino a 100.000 euro. Dall’altro lato, Forza Italia si schiera contro: imporre alle banche un trattamento diverso rispetto ad altri settori solleva questioni di legittimità costituzionale. Inoltre, un prelievo straordinario è già stato approvato per il biennio 2025-2026, con entrate previste per 1,5 miliardi quest’anno e 2,5 miliardi il prossimo. Ma, secondo fonti interne, si tratterebbe solo di un anticipo di liquidità che verrebbe poi restituito a partire dal 2027.

DTA nel mirino: ipotesi congelamento prorogato
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non ha escluso del tutto l’idea di una nuova tassa, ma ha parlato di un ventaglio di opzioni ancora aperte. Tra queste, torna l’ipotesi di intervenire sulle DTA (Deferred Tax Assets), ovvero crediti d’imposta che le banche possono utilizzare negli anni futuri. L’attuale normativa prevede già un congelamento temporaneo di tali crediti per il biennio in corso. Il governo potrebbe estendere la misura, facendo slittare il beneficio fiscale al triennio 2027-2029. La proposta in discussione punta a generare un gettito di circa 3 miliardi. La Lega, per contro, vorrebbe rendere il congelamento strutturale, trasformandolo in una rinuncia definitiva ai crediti da parte degli istituti.
Una tassa tra rivalsa e propaganda
Curiosamente, la proposta di tassare le banche incontra il favore anche di buona parte dell’opposizione. Partiti come PD, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra accusano l’esecutivo di non voler agire con sufficiente decisione per redistribuire risorse a favore delle famiglie più in difficoltà. La narrazione secondo cui le banche debbano “restituire” qualcosa allo Stato si fa largo, alimentando un dibattito che, a ogni legge di Bilancio, si rinnova puntuale. Tuttavia, dietro la retorica della giustizia sociale si cela un rischio concreto: quello di delegittimare la funzione stessa del profitto aziendale, insinuando che un surplus di utili debba necessariamente tradursi in un prelievo straordinario. Oggi tocca alle banche. Ma domani?