Con la nuova Manovra, cambia il calcolo dell’imposta sul reddito: meno aliquote per oltre 13 milioni di contribuenti, ma stretta sulle agevolazioni fiscali per i redditi più alti.

La Legge di Bilancio 2026 introduce una modifica importante al sistema fiscale, con un taglio IRPEF che punta a sostenere il ceto medio. Il fulcro della riforma è la riduzione della seconda aliquota, che passa dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28.001 e 50.000 euro. Una misura da circa 9 miliardi in tre anni, che interessa oltre 13 milioni di contribuenti. La struttura degli scaglioni rimane a tre: il 23% resta applicato ai redditi fino a 28.000 euro, il nuovo 33% si applica al secondo scaglione, mentre il 43% resta per la fascia oltre i 50.000 euro. La logica della progressività non cambia: ogni contribuente paga di più solo sulla quota di reddito che supera ciascun livello. In concreto, anche per chi guadagna di più, il risparmio si ferma entro i 50.000 euro. Eppure, anche chi ha redditi superiori potrà beneficiarne, seppure in misura contenuta.
Stretta sulle detrazioni per i redditi oltre 200.000 euro
Per compensare gli effetti del taglio d’aliquota e limitare i vantaggi per le fasce più alte, la Manovra introduce un meccanismo correttivo. I contribuenti con redditi superiori a 200.000 euro subiranno una riduzione forfettaria di 440 euro sulle detrazioni fiscali del 19%. Il taglio riguarda alcune voci specifiche, come le erogazioni liberali ai partiti politici e i premi assicurativi contro eventi calamitosi. Restano invece inalterati gli sconti legati alle spese sanitarie. La misura si ispira al principio di equità fiscale, cercando di evitare che anche i redditi elevati possano trarre un vantaggio pieno da una riforma pensata principalmente per chi si colloca nella fascia media. Tuttavia, l’efficacia di questo correttivo si riduce quando si inserisce in un sistema già costellato di limiti e riduzioni progressive delle agevolazioni, che interessano da anni i contribuenti più facoltosi.

Un sistema già limitante per le fasce alte
Chi guadagna più di 50.000 euro si trova già a dover fare i conti con un sistema di detrazioni sempre più ridotto. La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto un primo taglio fisso di 260 euro, mentre con la Manovra 2025 è stato previsto un tetto massimo alle detrazioni per alcune spese, variabile anche in base al numero di figli. Superata la soglia dei 120.000 euro, le detrazioni cominciano a ridursi gradualmente fino ad azzerarsi del tutto per chi arriva a 240.000 euro annui. In questo contesto, il nuovo taglio da 440 euro rischia di avere un impatto più teorico che reale: in molti casi, le agevolazioni sono già talmente limitate da non lasciare più nulla da tagliare. Nonostante ciò, chi si colloca nella fascia più alta continua a godere di piccoli benefici derivanti dalla riduzione dell’aliquota sul secondo scaglione, che non viene esclusa neppure per i redditi elevati.
Quanto si risparmia davvero con il nuovo calcolo IRPEF
Secondo le stime dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, l’effetto reale della nuova IRPEF si traduce in risparmi contenuti ma generalizzati. Un dirigente, in media, potrà ottenere un beneficio annuo di 408 euro. Per lavoratori autonomi e impiegati, il guadagno si aggira sui 124 e 123 euro rispettivamente. I pensionati, invece, risparmieranno in media 55 euro, mentre per gli operai la riduzione sarà di circa 23 euro. Anche chi dichiara più di 200.000 euro, nonostante il taglio alle detrazioni, potrà comunque beneficiare di un risparmio medio netto di 379 euro annui, molto vicino al massimo teorico ottenibile. Ma questo effetto, apparentemente marginale, ha un costo per lo Stato: 68,2 milioni di euro in meno nelle casse pubbliche. Una cifra che, se riallocata, sarebbe sufficiente a finanziare per oltre cinque anni misure come il bonus psicologo o il reddito di libertà. La riforma, insomma, ridisegna l’imposta sul reddito senza strappi, ma con un bilanciamento delicato tra esigenze sociali e sostenibilità finanziaria.

