Il governo prepara una nuova manovra: la riduzione dell’aliquota al 33% potrebbe restituire fino a 1.440 euro ai contribuenti.

Nonostante lo stop previsto per il 2025, la riduzione dell’IRPEF continua a occupare un posto chiave nell’agenda economica del governo. È una scommessa ambiziosa, che potrebbe incidere su milioni di contribuenti italiani, in particolare sul ceto medio. A confermare l’intenzione di proseguire con la riforma fiscale sono stati di recente sia il Viceministro dell’Economia Maurizio Leo che il Ministro degli Esteri Antonio Tajani. Entrambi hanno ribadito l’obiettivo di una nuova sforbiciata alle aliquote già nel 2026, da inserire nella prossima legge di Bilancio. Il piano potrebbe tradursi in un recupero fino a 1.440 euro l’anno per molti contribuenti.
Ceto medio in affanno: si prepara un nuovo intervento
La fascia di popolazione al centro del dibattito è quella che oggi fatica a mantenere il proprio potere d’acquisto. Negli ultimi anni l’esecutivo ha adottato misure rivolte soprattutto ai redditi più bassi, ma il ceto medio, schiacciato tra inflazione e stagnazione salariale, resta in difficoltà. “Abbiamo fatto un intervento sui redditi medio bassi. Ora vogliamo agire sull’aliquota del 35%, portandola al 33% perché il ceto medio si sta impoverendo”, ha dichiarato il viceministro Leo. Ma chi rientra esattamente in questa categoria? In linea di massima, si tratta di lavoratori e famiglie con redditi tra i 28.000 e i 60.000 euro annui: una fascia che rischia di restare fuori dalle tutele, pur non godendo di veri benefici fiscali.
Cosa è cambiato con la riforma del 2024
Nel 2024, il governo ha già messo mano alla struttura dell’IRPEF, riducendo gli scaglioni da quattro a tre. Il primo e il secondo scaglione sono stati unificati: l’aliquota del 25% sui redditi tra 15.000 e 28.000 euro è stata abbassata al 23%, allineandosi con quella già in vigore fino a 15.000 euro. Questo intervento ha garantito un risparmio annuo di circa 260 euro per i contribuenti interessati, ma non ha inciso in modo sostanziale sulle fasce di reddito superiori. Il risparmio, infatti, è stato parzialmente neutralizzato da un aggiustamento delle detrazioni, limitando i benefici per la classe media.

La proposta per il 2026: taglio mirato al secondo scaglione
Il nuovo intervento allo studio mira a ridurre l’aliquota del 35% al 33% per i redditi tra 28.001 e 50.000 euro, ampliando al contempo lo scaglione fino a 60.000 euro. Un’operazione che, se realizzata, porterebbe risparmi significativi. Un contribuente con reddito lordo di 60.000 euro pagherebbe il 23% fino a 28.000 euro, poi il 33% da 28.001 a 50.000 euro (invece del 35%) e il 43% solo sui 10.000 euro restanti. Il vantaggio si tradurrebbe in circa 440 euro di IRPEF in meno grazie al taglio del 2%, più ulteriori 1.000 euro se la soglia del secondo scaglione si estende a 60.000 euro. Il totale: 1.440 euro annui in meno. Un intervento che, nelle intenzioni dell’esecutivo, dovrebbe rappresentare una vera boccata d’ossigeno per una parte della popolazione sempre più sotto pressione economica.