Il governo tedesco prepara una riforma pensionistica inedita: ogni bambino riceverà un contributo statale per costruirsi la pensione fin dall’infanzia. Ma i dubbi su costi e sostenibilità restano.

Un versamento mensile di dieci euro per ogni bambino residente in Germania dai 6 ai 18 anni: è questa l’idea chiave della Frühstart-Rente, una misura annunciata dal governo tedesco che punta a rafforzare la sostenibilità del sistema pensionistico nel lungo periodo. Il piano, ispirato al modello israeliano Savings Plan for Every Child, prevede un fondo vincolato, esente da tasse, che potrà essere integrato privatamente a partire dai 18 anni. Il cancelliere Friedrich Merz ha promesso un “autunno di riforme” e questa misura potrebbe rappresentare un primo passo per garantire l’equità tra le generazioni. Tuttavia, la legge non è ancora approdata in Consiglio dei ministri, e restano da definire aspetti cruciali come la gestione del fondo, i criteri di rischio e i costi amministrativi.
Dieci euro al mese: simbolo o soluzione?
Secondo le stime, il piano costerebbe allo Stato circa 84 milioni di euro l’anno, considerando le 700.000 nuove nascite annuali. Una cifra che appare modesta, ma in un contesto di forte tensione sui conti pubblici – con un buco da 172 miliardi di euro nel bilancio 2027-2029 – anche questa somma diventa un nodo. Il rendimento medio annuo del DAX, intorno al 7%, porterebbe il capitale accumulato a circa 50.000 euro dopo 50 anni: un importo simbolico, insufficiente a garantire una pensione senza altri contributi. Proprio per questo, il presidente della Borsa tedesca, Stephan Leithner, aveva proposto una misura più incisiva: 4.000 euro di capitale iniziale alla nascita, tre volte quanto previsto oggi. Le Sparkasse, le casse di risparmio tedesche, vedono comunque di buon occhio il progetto, ritenendolo utile per avvicinare i giovani al risparmio e agli investimenti a lungo termine.
Un sistema pensionistico sotto pressione
La sostenibilità dell’attuale sistema pensionistico tedesco è da tempo al centro del dibattito. Se nel 1990 erano cinque i lavoratori a finanziare la pensione di un singolo anziano, nel 2021 erano già scesi a tre, e nel 2035 si stima che saranno soltanto due. Nel frattempo, la durata dei contributi si accorcia: dai 45 anni medi del 1960 ai 38 previsti per il 2040, a fronte di un numero crescente di anni da pensionati, passati da 10 a 22 nello stesso arco temporale. Il rapporto tra anni di lavoro e di pensione, un tempo di 4,5 a 1, nel 2040 potrebbe arrivare a 1,7 a 1. Senza riforme strutturali, l’ex governo aveva stimato un necessario aumento dei contributi previdenziali dal 18,6% al 22,3% entro il 2045.

Riforme divise, coalizione incerta
Sul tema delle pensioni, però, il governo resta spaccato. La CDU spinge per un allungamento dell’età lavorativa e ha proposto la Aktiv-Rente, che prevede 2.000 euro esentasse al mese per i pensionati ancora attivi. La SPD, invece, difende l’età pensionabile attuale e il livello delle prestazioni. La CSU ha già ottenuto un incremento per le pensioni delle casalinghe. Intanto, circa 250.000 lavoratori ogni anno scelgono di andare in pensione anticipata a 63 anni. In assenza di crescita economica e occupazionale, mantenere il sistema attuale appare sempre più complesso. Il recente aumento delle pensioni, pari al 3,74%, ha superato l’inflazione del 2,1%, ma resta un palliativo in un quadro che richiede interventi più strutturali.