Home » Normative » Francia, addio a due giorni festivi: tagli simbolici per risanare i conti pubblici

Francia, addio a due giorni festivi: tagli simbolici per risanare i conti pubblici

Francia, addio a due giorni festivi: tagli simbolici per risanare i conti pubblici
Photo by jorono – Pixabay
Lettura: 3 minuti

Il governo guidato da François Bayrou lancia misure drastiche per ridurre il deficit: aboliti due giorni festivi e aumento del carico lavorativo. Una mossa che ricorda l’Italia degli anni ’70.

Francia, addio a due giorni festivi: tagli simbolici per risanare i conti pubblici
Photo by jorono – Pixabay

Era attesa come una giornata complicata per la politica francese, e le previsioni non sono state smentite. Il primo ministro François Bayrou ha annunciato un pacchetto di misure con un obiettivo chiaro: ridurre il deficit pubblico dal 5,4% previsto per il 2025 al 4,6% entro il 2026, reperendo circa 40 miliardi di euro tra tagli e nuove entrate. Tra le iniziative più discusse, l’abolizione di due giorni festivi: il Lunedì di Pasqua e l’8 maggio, giorno della vittoria contro il nazismo in Europa.

Una scelta che ha subito sollevato polemiche. Ma per il governo si tratta di un passo necessario per aumentare la produttività e, di conseguenza, il gettito fiscale. Maggio, con le sue numerose ricorrenze, è stato definito “un mese ingolfato di ponti”. Le giornate eliminate non saranno più retribuite. Tuttavia, Bayrou si è detto disponibile a valutare alternative proposte dai partiti, purché si conservi l’obiettivo economico.

Più lavoro, più entrate: la strategia del governo Bayrou

Secondo l’esecutivo, il semplice fatto di lavorare in più giornate porterà un aumento naturale delle entrate fiscali. La misura punta su un meccanismo diretto: meno festività retribuite, più ore lavorate, maggiore produzione. E quindi più imposte da incassare. Non tutti però sono d’accordo.

Le opposizioni hanno reagito con toni duri. Il Rassemblement National ha bocciato la proposta, mentre La France Insoumise è arrivata a chiedere apertamente le dimissioni del governo. Il provvedimento, oltre all’impatto economico, tocca simboli importanti dell’identità collettiva, e questo ne aumenta il potenziale conflitto sociale.

Un déjà vu italiano: quando anche Roma tagliò le festività

La scelta francese riecheggia un precedente storico italiano. Nel 1977, in piena crisi economica, il governo guidato da Giulio Andreotti varò una legge che aboliva diverse festività religiose e civili. All’epoca, l’inflazione galoppava, il prezzo del petrolio era alle stelle, e l’economia stagnava. L’Italia cercò allora di rilanciare la crescita e ridurre il costo del lavoro aumentando le giornate lavorative.

Tra le ricorrenze eliminate figuravano San Giuseppe (19 marzo), Ascensione, Corpus Domini, San Pietro e Paolo (29 giugno), il 2 giugno infrasettimanale e il 4 novembre, giornata delle Forze Armate. Alcune furono recuperate solo molti anni dopo. Quella stagione segnò anche la fine della scala mobile e della monetizzazione del debito, misure che contribuirono al progressivo calo dell’inflazione.

La fine dell’eccezione francese

Nonostante i tagli, i lavoratori francesi continueranno a beneficiare di nove festività retribuite contro le dodici italiane. Tuttavia, l’abolizione di due giornate simboliche rappresenta qualcosa di più profondo: la fine dell’illusione francese di essere al riparo dalle regole dell’austerity. Dopo la crisi del 2008, Parigi era riuscita a evitare riforme dolorose grazie a condizioni favorevoli sui mercati e a una certa indulgenza europea.

Oggi il quadro è cambiato: il debito corre, i rendimenti aumentano e le agenzie di rating iniziano a declassare. Le lunghe proteste contro la riforma delle pensioni, che in altri Paesi sarebbero sembrate marginali, appaiono ora come il canto del cigno di un’epoca finita. La Francia si ritrova così a fare i conti con una realtà già vissuta da altri: meno eccezioni, più rigore.