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Fondi pensione integrativi: perché convengono davvero

Fondi pensione integrativi: perché convengono davvero
Photo by stevepb – Pixabay
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Con assegni sempre più magri e una pensione pubblica sempre meno certa, cresce l’interesse verso la previdenza complementare. Ma la vera forza dei fondi pensione? È nel trattamento fiscale, spesso sottovalutato.

Fondi pensione integrativi: perché convengono davvero
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Parlare di pensioni in Italia significa toccare un tema delicato, spesso carico di incertezza. Davanti a un sistema pubblico sempre più sotto pressione, i fondi pensione integrativi emergono come uno strumento strategico per costruire un futuro più sicuro. Ma non è solo la prospettiva di una rendita aggiuntiva a renderli interessanti: è il regime fiscale vantaggioso a fare la differenza.

A differenza di azioni, obbligazioni o fondi comuni – tassati al 26% – i rendimenti dei fondi pensione godono di un’aliquota ridotta del 20%, che scende al 12,5% per le porzioni investite in titoli di Stato. Una differenza che, nel lungo periodo, può incidere sensibilmente sull’accumulo finale. E non finisce qui.

Tfr, deduzioni e risparmio Irpef: dove si guadagna davvero

Una delle scelte chiave è la gestione del Trattamento di fine rapporto (Tfr). Lasciarlo in azienda comporta una tassazione legata alla media dei redditi degli ultimi cinque anni – con aliquote tra il 23% e il 43%. Se invece viene destinato a un fondo pensione, scatta un’imposta sostitutiva del 15%, che si riduce progressivamente fino al 9% in base all’anzianità di adesione. Un’opzione che, nel tempo, si traduce in migliaia di euro risparmiati.

Altro beneficio fondamentale è la deducibilità dei contributi: fino a 5.164,27 euro l’anno possono essere sottratti dal reddito imponibile. Questa soglia comprende sia i versamenti personali, sia quelli del datore di lavoro e dei familiari a carico. Tradotto in pratica: un risparmio Irpef che può arrivare fino a 2.500 euro all’anno. Più complessa la situazione per chi opera in regime forfettario, che può accedere alla deduzione solo in presenza di redditi soggetti a Irpef o iscrizioni a casse obbligatorie.

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Anticipi, riscatti e trasferimenti: come funziona la fiscalità

Quando arriva il momento del riscatto al pensionamento, l’aliquota si attesta al 15% e può scendere fino al 9% in base agli anni di adesione. In caso di gravi motivi di salute, la tassazione è la stessa. Diverso è il discorso per gli anticipi: per la prima casa (acquisto o ristrutturazione) si sale al 23%, percentuale che si applica anche a tutte le altre esigenze personali coperte fino al 30% del montante maturato.

Un elemento poco noto ma strategico è la neutralità fiscale dei trasferimenti tra fondi. Cambiare gestore non comporta alcuna tassazione e non fa perdere l’anzianità accumulata. Questo favorisce la mobilità e spinge gli operatori del settore a mantenere alta la qualità dell’offerta.

Previdenza integrativa: una scelta che parte da giovani

Non è solo una questione per chi si avvicina alla pensione: oggi più che mai la previdenza complementare riguarda anche i più giovani. In un mercato del lavoro segnato da contratti brevi, carriere discontinue e assegni pubblici sempre più incerti, iniziare a versare in un fondo pensione fin dall’ingresso nel mondo del lavoro significa massimizzare il potenziale dei rendimenti composti e beneficiare delle agevolazioni fiscali più a lungo.

Eppure, in Italia solo un terzo dei lavoratori ha aderito a una forma di previdenza integrativa. Un dato che mette in luce un ritardo culturale evidente rispetto ad altri Paesi europei. La consapevolezza, però, sta crescendo: sempre più lavoratori iniziano a considerare il fondo pensione non solo come un investimento, ma come una scelta concreta per proteggere il proprio domani.