La Corte ha stabilito che l’entità economica è irrilevante se l’offerta è idonea a turbare il corretto esercizio della funzione pubblica.

La Corte di Cassazione ha sancito che risponde del reato di istigazione alla corruzione il medico di base convenzionato con il Servizio sanitario nazionale che offre certificati medici di astensione dal lavoro dietro pagamento. Con la sentenza n. 19409 del 2025, i giudici hanno confermato la decisione della Corte d’Appello di Milano, che aveva condannato un medico ritenuto responsabile ai sensi dell’articolo 322, comma 3, del codice penale. Secondo la Suprema Corte, il gesto viola i principi fondamentali di correttezza e lealtà che devono caratterizzare l’attività medica svolta nell’ambito pubblico.
Le argomentazioni difensive e il rigetto del ricorso
Il medico imputato aveva presentato ricorso alla Cassazione sostenendo che non vi fosse un’effettiva istigazione alla corruzione. A suo dire, le richieste erano state formulate in tono scherzoso, non reiterate, rivolte a un numero esiguo di pazienti e di modesta entità economica: 30 euro in due soli episodi. Nessuno dei pazienti aveva cambiato medico e, secondo le testimonianze raccolte, la condotta non era stata percepita come particolarmente grave. Inoltre, la difesa invocava l’applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale, che consente l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
L’idoneità dell’offerta pesa più dell’entità della somma
Ma la Corte non ha accolto la linea difensiva. Richiamando un orientamento consolidato (Cass., Sez. VI, n. 46494/2019), ha ribadito che ai fini della configurazione del reato di istigazione alla corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, ciò che conta è l’idoneità dell’offerta a influenzare l’agente, valutata ex ante. Non è quindi determinante l’entità economica della somma, purché non irrisoria. La Cassazione ha posto l’accento su una condotta non occasionale ma espressione di una vera e propria inclinazione, rendendo inapplicabile la causa di esclusione della punibilità per tenuità del fatto.
Una condotta che mina la fiducia nel servizio sanitario

Nel dispositivo finale, la Cassazione ha sottolineato come “la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto […] non può essere dichiarata nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, le condotte criminose […] presentano caratteri fondamentali comuni tali da poterle ritenere espressione di una tendenza o inclinazione al crimine”. L’episodio, pur limitato nel numero e nell’ammontare delle somme coinvolte, viene ritenuto indice di un atteggiamento sistemico lesivo dell’etica professionale e della fiducia tra cittadini e sistema sanitario.