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Arriva la tassa sui pacchi? Addio shopping online

Arriva la tassa sui pacchi? Addio shopping online
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Un nuovo capitolo si apre nell’e-commerce con una tassa sulle microspedizioni che riguarda sia le importazioni in Italia che le esportazioni. Scopriamo perché questa misura viene considerata una risposta al dumping e alla concorrenza sleale, e quali potrebbero essere le sue conseguenze sul mercato.

Un’imposta sui pacchi low cost: cosa c’è da sapere

L’imposta di 2 euro sulle microspedizioni, introdotta nella legge di bilancio del governo Meloni, si applicherà non solo ai pacchi che arrivano nel nostro Paese, ma anche a quelli che ne partono. Questa scelta mette l’Italia in prima linea nella lotta contro il fenomeno del dumping, evitando allo stesso tempo conflitti giuridici con le politiche dell’Unione Europea, che detiene la competenza esclusiva in materia di dogane. Il tempismo è cruciale, poiché le importazioni dalla Cina sono in crescita vertiginosa, con un incremento dell’11,8%. Si risponde così anche alle pressioni della Camera della moda e di Confindustria Moda, che da mesi insistono per una tassazione dei prodotti cinesi in quanto beneficiano di regimi doganali favorevoli.

Prospettive italiane e contrasti internazionali

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Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha discusso della questione in un’intervista a Milano Finanza e Class Cnbc. Ha evitato di avallare una visione protezionistica o di “muraglia cinese”, sostenendo invece l’approccio come risposta necessaria ai problemi di contraffazione e concorrenza sleale. “L’ultra fast fashion sta portando milioni di pacchi al giorno in Europa senza il minimo controllo”, ha sottolineato Urso, specificando che un dazio immediato migliorerebbe le procedure doganali, a differenza di una misura posticipata di tre anni. E se l’Unione Europea non dovesse accettare la proposta, l’Italia potrebbe attuare una legislazione nazionale per fronteggiare i pacchi provenienti da fuori Europa.

Unione Europea e e-commerce: strategie e reazioni

Recentemente, otto nazioni dell’UE hanno sollecitato la Commissione Europea per affrontare le preoccupazioni suscitate dai giganti dell’e-commerce come Shein, Temu e AliExpress. Austria, Belgio, Spagna, Francia, Grecia, Italia, Ungheria e Polonia si sono unite contro le scorrettezze commerciali delle piattaforme cinesi. La Francia ha già preso misure contro Shein, manifestando necessità di interventi provvisori per mitigare i rischi causati da queste piattaforme. Le pressioni dall’Europa si accompagnano alla richiesta di applicazione rigorosa del Digital Services Act, o DSA, per proteggere consumatori e aziende.

L’evoluzione della tassa europea

I firmatari della lettera chiedono non solo misure a livello nazionale, ma anche un’imposta europea sui pacchi a basso costo. Pur rimanendo in fase di pianificazione, una simile tassa potrebbe vedere la luce in tutta Europa già nel 2026, con l’obiettivo di tutelare il mercato europeo da pratiche commerciali sleali. Al centro della discussione vi è l’idea che la nuova tassa influenzerà inevitabilmente i prezzi sui portali di e-commerce. I venditori dovranno prendere decisioni cruciali: aumentare i prezzi per coprire il costo della nuova imposta o assorbirne l’impatto finanziario.

Implicazioni economiche e mercato dell’e-commerce

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L’introduzione di una tassa di due euro sulle spedizioni avrà inevitabilmente delle ripercussioni sui prezzi per i consumatori che operano su portali globali e-commerce. Le aziende devono considerare se trasferire il costo della tassa al cliente finale o affrontarlo autonomamente. Tale situazione ricorda l’impatto degli annunci di dazi negli Stati Uniti. Parallelamente, anche gli italiani che vendono attraverso queste piattaforme globali dovranno adattarsi e valutare se innalzare i loro prezzi di spedizione, in funzione della nuova tassa.