Introduzione
Poche economie internazionali hanno vissuto uno shock macroeconomico così forte come quello testimoniato dalla Depressione economica degli anni ’30 in Malaya (con questo termine si intende la penisola Malaya e Singapore, il dominante centro urbano e il porto principale). Tutto cominciò con il collasso della domanda di pneumatici dall’industria automobilistica statunitense, una situazione che portò alla caduta del valore di tutti i beni di scambio commerciale. Tra il 1929 e il 1932 il totale delle esportazioni di Singapore calò per l’appunto di ben 84 punti percentuali (anche il prodotto regionale subì una contrazione spaventosa, pari al 64%). Le importazioni, invece, declinarono del 58%. Un insieme di dati preoccupanti e che testimoniano la situazione finanziaria vissuta dal piccolo stato asiatico. Vi fu senza dubbio l’influenza dell’idea dei diritti che determinavano la distribuzione di un output fisso; in tal modo, l’effetto degli shock esterni come quello che avvenne a Singapore nel corso della Grande Depressione è spesso analizzato in termini di vincitori e vinti. Anche in questo caso, pur nella difficile situazione finanziaria, vi furono comunque settori che andarono meglio di altri.
Lo scoppio della crisi
Alla vigilia degli anni Trenta, la Malaya rappresentava una risposta molto convincente alla leadership economica europea. Gli abitanti della zona, da sempre abituati alla specializzazione settoriale, si facevano notare anche per l’emergenza di una società pluralista, in cui le quattro principali razze rimanevano tra loro separate, sia dal punto di vista sociale che occupazionale. Le statistiche dell’impiego industriale relative al 1931, congiuntamente ad altre fonti storiche, ci fanno comprendere le principali caratteristiche della struttura economica di Singapore prima della crisi. Era la gomma il bene principale del commercio di questa zona dell’Asia: la struttura occupazionale riflette proprio l’importanza di tale bene, visto che la sua coltivazione occupava circa 661.000 persone, ben un terzo della popolazione lavorativa totale. In alcuni casi, essa rappresentava l’unica fonte di guadagno. Nel 1932 si potevano contare 3,2 milioni di acri di piantagioni della gomma: qui, la facevano da padrone le società europee e gli investitori di esse, ma anche la Cina e l’India avevano un ruolo dominante in questo senso. Il riso, invece, elemento centrale per l’economia alimentare della Malaya, era il bene maggiormente importato: la produzione territoriale arrivava a ben 173.000 tonnellate, a fronte di importazioni pari a 600.000 tonnellate. Fu così che Singapore riuscì a sviluppare un importante porto di scambi commerciali. La situazione mutò drasticamente con l’arrivo dei venti della Grande Depressione statunitense, che qui si fecero sentire in tutta la loro potenza. La depressione va considerata da due punti di vista, quello dell’economia cittadina e quello dei diritti. In effetti, questa congiuntura economica negativa ha ridotto i diritti dei cittadini di Singapore di alimentare il lavoro e gli scambi commerciali: una conseguenza di questo tipo poteva essere anticipata specialmente nell’ambito delle occupazioni nel settore dei servizi, soprattutto quelle caratterizzate da impieghi ridotti e capacità di guadagno. In secondo luogo, poi, la depressione potrebbe aver influenzato le condizioni finanziarie di Singapore agendo come una vera e propria esternalità: il tipico effetto di questo tipo di esternalità è dipeso essenzialmente dai cambiamenti derivanti dalla crisi economica che si produssero soprattutto nelle aree rurali della Malaya.
Gli effetti della Depressione
I principali effetti della Grande Depressione sulla campagna della Malaya, oltre al potenziale per le esternalità negative per Singapore (migrazione in particolare…), variarono di molto a seconda della regione e della razza. Negli anni Trenta, infatti, si assisteva a un seppur lieve spostamento degli abitanti della regione dalla terra; c’è da dire che in questo caso la depressione non creò un vasto proletariato privo di appezzamenti di terra, ma già nel 1931 il Rice Cultivation Committee rilevò che qualsiasi fosse stata la zona in cui la produzione di riso era uguale o superiore alle necessità locali della popolazione, l’incidenza della depressione sul commercio fu comunque minima. Quel decennio si concluse con Singapore e il resto della Malaya scossi, ma non fondamentalmente cambiati dalla crisi, né troppo pressati da essa. Nonostante la depressione lasciò un’impronta ben evidente, per molti studiosi la si può paragonare in misura minore con quella di altri paesi. C’è però da dire che per Singapore lo shock più duro e forte, oltre che un importante punto di svolta in questo senso, si ebbe con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale: nel 1942 vi fu la brusca caduta dell’occupazione non solo nel piccolo stato asiatico, ma anche in Giappone. Ma tutti questi eventi non intaccarono in alcun modo la fede mostrata dalla nazione nei confronti di un sistema economico aperto e nel libero commercio ereditato dal secolo precedente. Non è un dettaglio da trascurare, visto che fu proprio questa fermezza di convinzioni economiche che rese le ideologie finanziarie facilmente disponibili a diventare l’elemento centrale che caratterizzò la rapida industrializzazione vissuta da Singapore verso la metà degli anni Sessanta.