La battaglia per l’uguaglianza di genere nel mondo del lavoro non conosce tregua, ma il settore agricolo sembra essere particolarmente restio a cambiare. Le donne impegnate nei campi affrontano non solo salari meno generosi, ma spesso devono lottare contro un sistema di sfruttamento che le colpisce pesantemente da più fronti.
Lavoro agricolo: la dura realtà delle lavoratrici
Le agricoltrici in Italia affrontano un contesto lavorativo difficile ben illustrato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil. Secondo questa fonte, sono circa 300.000 le lavoratrici regolari nel settore agricolo, le quali vedono i propri stipendi attestarsi al 24,9% in meno rispetto a quelli dei loro colleghi uomini. Non parliamo di piccole differenze salariali ma di un gap evidente, che in media ammonta a circa 1.800 euro l’anno.
Inoltre, l’età media di queste donne è compresa tra i 35 e i 64 anni e la maggior parte di loro è cittadina italiana. Si trovano per lo più impiegate nelle attività di raccolta o nelle prime fasi del confezionamento, ruoli spesso mal remunerati. La cifra media annua per una lavoratrice del settore si aggira intorno ai 5.400 euro lordi, a fronte dei 7.200 euro degli uomini.
Chi sono e da dove vengono
Il profilo delle donne vittime di sfruttamento agricolo è vario, ma presenta tratti comuni che le rendono vulnerabili. Secondo ActionAid, tra le 51.000 e le 57.000 braccianti sono straniere e prive di regolare contratto, una condizione che le espone ulteriormente ai cosiddetti "caporali". A differenza degli uomini, che provengono in gran parte da Africa e Asia, molte di queste donne giungono da Albania e dai più poveri angoli dell’Europa dell’Est.
Un esempio eclatante di questa piaga sociale è quello di una giovane donna bulgara, che ha lasciato il suo paese alla ricerca di un lavoro dignitoso in Italia. Promessa un impiego in una fantomatica "fabbrica di cipolle", si è ritrovata invece in condizioni abitative disumane, costretta a lavorare per un misero compenso e, in alcuni casi, soggetta a ricatti sessuali.
Il grido per un cambiamento necessario
Davanti a un quadro così desolante, è lecito chiedersi quanto tempo ancora si dovrà attendere prima che condizioni degne e giuste siano garantite anche alle donne in agricoltura. Maria Grazia Giammarinaro, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio, lancia un appello accorato affinché la problematica non venga più ignorata. Conoscerne i dettagli è il primo passo verso il cambiamento.
Le storie e le statistiche evidenziate emergono come note insistenti di un problema strutturale che richiede interventi urgenti e mirati. Solo attraverso un serio impegno collettivo si potrà aspirare alla giustizia sociale e al rispetto che queste lavoratrici meritano, rompendo una volta per tutte il ciclo di sfruttamento che le affligge.
Fonte: www.ilsole24ore.com

