La Corte di Appello di Milano ordina il pagamento dei buoni pasto a 22 infermieri esclusi, segnando una vittoria per i lavoratori.

Dopo un lungo iter giudiziario, la Corte di Appello di Milano ha emesso una sentenza storica il 27 gennaio 2025, ordinando all’ASST Valle Olona di risarcire 22 infermieri cui era stato negato il buono pasto, come previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del 20 settembre 2001. Questa decisione segna un altro successo nella tutela dei diritti dei lavoratori sanitari in Italia.
Il diritto negato: una lotta sindacale vittoriosa
Da tempo, il personale infermieristico lamentava la mancata erogazione dei buoni pasto, benché esplicitamente previsti dal CCNL. In numerose strutture sanitarie, come testimoniato da questi casi, gli infermieri turnisti si trovano privati della possibilità di usufruire di un pasto durante il servizio, con l’aggravante di turni senza pause effettive. Questo contro i loro diritti contrattuali e le loro necessità basilari.
L’intervento deciso del sindacato NurSind Varese, con il sostegno legale dell’avvocato Paolo Perucco, ha condotto gli infermieri verso una significativa vittoria: ogni lavoratore coinvolto nella vicenda riceverà un risarcimento di circa 8.000 euro. Un risultato importante non solo per i beneficiari diretti, ma anche per tutti i lavoratori del settore che vivono situazioni simili.
Pausa mensa: obbligo contrattuale ineludibile
La Corte ha chiarito che l’obbligo di garantire una pausa per il pasto ricade sul datore di lavoro, indipendentemente da una richiesta formale da parte dei dipendenti. Questo diritto alla pausa mensa è strettamente connesso al benessere psicofisico del lavoratore, in conformità con l’articolo 8 del D.Lgs. 66/2003. La pausa deve essere assicurata all’interno del turno di lavoro, piuttosto che all’inizio o alla fine dello stesso.
L’ASST Valle Olona non si è esonerata dal dovere di organizzare i turni in modo da includere la pausa mensa, negando così ai propri infermieri un diritto fondamentale. La corte ha sottolineato varie soluzioni che l’azienda avrebbe potuto adottare, quali la programmazione efficiente delle pause, la rotazione del personale, o la possibilità di fornire accesso a una mensa o a un servizio pasto sostitutivo.

Risarcimento e futuro: un precedente importante
Il valore del danno è stato quantificato basandosi sul costo convenzionale del pasto in mensa: 5,16 euro per ogni giorno lavorato, retroattivamente calcolato fino a dieci anni. Questo risarcimento rappresenta non solo una riparazione economica per i singoli, ma anche un precedente giudiziario significativo per tutti gli infermieri italiani. La sentenza potrebbe aprire la strada a future azioni legali di lavoratori che ancora si vedono privati di un diritto fondamentale.
Il successo messo a segno dal NurSind Varese illumina una via nuova per il riconoscimento e la difesa dei diritti contrattuali dei lavoratori sanitari. Le aziende sanitarie potrebbero doversi confrontare con più frequenti procedimenti legali, a meno che non adeguino le loro pratiche nel rispetto dei contratti collettivi e dei diritti dei lavoratori.