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Produttori di riso italiani sfidano l’UE: pressioni per rivedere le barriere d’importazione

Produttori di riso italiani sfidano l’UE: pressioni per rivedere le barriere d’importazione
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Con un’animosità crescente, i produttori di riso italiani si scagliano contro l’Unione Europea. Sono insoddisfatti delle politiche attuali che, a loro avviso, non proteggono adeguatamente il mercato interno dalle crescenti importazioni a dazio agevolato. Ma quali sono le vere preoccupazioni di questi produttori e perché questo dibattito ha assunto toni così veementi?

Il nodo delle quote d’importazione

Da tempo, le associazioni agricole italiane si battono contro il meccanismo UE che consente l’importazione di ben 562 mila tonnellate di riso estero prima che scatti alcuna salvaguardia tariffaria. Un quantitativo che supera di più del doppio le richieste dei risicoltori italiani, fissate a 200 mila tonnellate. Confagricoltura riconosce che c’è stato "un passo avanti", grazie all’accordo sul tavolo, ma la soglia resta "estremamente alta". Questa situazione, dicono, mette a rischio la sostenibilità del mercato agricolo interno. Secondo Coldiretti, la situazione è ancora più critica. L’organizzazione accusa la Commissione Europea di "svendita del riso europeo" favorendo, con tali decisioni, il lavoro minorile nei paesi esportatori.

Il contraccolpo economico e sociale

Lontano dai tavoli delle trattative, i campi di riso italiani tremano sotto il peso di importazioni a costi stracciati. I produttori descrivono la situazione come "un sonoro schiaffo in faccia". Non è un semplice problema di economia agricola. Al centro del contenzioso vi è l’accusa che, favorendo i Paesi in via di sviluppo come Cambogia e Myanmar, l’Unione Europea comprometta la qualità e la sicurezza del prodotto, requisiti per cui le aziende italiane investono da decenni. Gli agricoltori italiani temono per il futuro del settore: la concorrenza non regolamentata potrebbe significare la perdita di migliaia di posti di lavoro. Dietro ogni chicco di riso, infatti, si nasconde il duro lavoro di famiglie dedite alla terra da generazioni.

Nuove speranze a Strasburgo

Nonostante il recente "epilogo amaro" delle trattative nel cosiddetto trilogo, i produttori non gettano ancora la spugna. L’ultima carta da giocare sarà alla Commissione per il Commercio Internazionale e, successivamente, all’Europarlamento in seduta plenaria. Qui, l’appello per rivedere o respingere l’accordo potrebbe ancora risuonare. Tuttavia, la battaglia è complessa e la politica comunitaria spesso ingarbugliata da interessi contrapposti. Per i risicoltori, la sfida a Strasburgo è un’occasione cruciale per riequilibrare le regole del gioco e porre un freno alle importazioni indiscriminate che minacciano la produzione nazionale. Riusciranno i nostri agricoltori a bloccare questo flusso prima che le cicatrici sul mercato diventino permanenti?

Le discussioni su queste politiche non sono meramente economiche ma sono incorniciate da valori e identità radicate. Mentre i produttori attendono il responso delle istituzioni, il riso italiano continua a essere simbolo di una tradizione che non intende essere cancellata dalla globalizzazione.

Fonte: www.ilsole24ore.com